Se si notano delle palline di grasso giallastre nella zona delle palpebre superiori o inferiori molto probabilmente si è dinanzi a degli xantelasmi palpebrali. Questi si manifestano a causa di un accumulo di lipoproteine, come trigliceridi o colesterolo, ma anche di bilirubina e di elastina.
Ne soffrono sia donne che uomini e il problema si manifesta normalmente attorno ai 45-50 anni. Queste antiestetiche neoformazioni benigne palpebrali si collegano normalmente alla presenza di un eccesso di grassi nel sangue. Si tratta, quindi, di un campanello d’allarme da non sottovalutare, poiché queste lesioni antiestetiche, che non danno né dolore né prurito e che appaiono innocue, potrebbero celare un problema di ipercolesterolemia.
Se si è soggetti predisposti a xantelasma, sfregarsi in maniera frequente gli occhi potrebbe favorire la nascita di queste neoformazioni. Al contrario, il sole non contribuisce alla comparsa delle stesse. Nel corso del tempo lo xantelasma palpebrale può cambiare colore e, soprattutto, può diventare più grande a causa dell’accumulo di cellule ricche di colesterolo.
Cos’è uno xantelasma
Si tratta, nello specifico, di piccoli noduli che solitamente tendono ad avere un colore giallastro e si posizionano all’angolo interno delle palpebre superiori o inferiori. Possono essere piani o in rilievo e le dimensioni risultano essere variabili da caso a caso. Si va da pochi millimetri a circa 10 centimetri (cosiddetti xantemi tuberosi).
Molto spesso, in concomitanza di queste neoformazioni palpebrali si nota un deciso aumento o del colesterolo totale o del colesterolo cattivo (LDL). Si tratta, quindi, della spia di una patologia di non poca importanza, che può provocare epatopatie, ictus o infarto. Ne deriva la necessità di analizzare il quadro clinico del paziente, non solo da un punto di vista specialistico ma anche di medicina generale.
Una dieta equilibrata può influire in maniera positiva sulla prevenzione degli xantelasmi palpebrali, poiché si andrà a correggere il metabolismo. In questo modo sarà anche possibile contenere il rischio di ingigantimento dello xantelasma già esistente.
Il consiglio? Ridurre il consumo di zuccheri e di grassi di origine animale, evitare l’alcol e aumentare l’apporto di fibre. In presenza di alterazioni metaboliche è importante anche praticare esercizio fisico.
Gli xantelasmi sono difficili da camuffare, anche con il make-up, e questo li rende un fastidio che porta con sé un forte disagio, che talvolta si ripercuote in maniera negativa anche sulle relazioni sociali.
Come eliminare gli xantelasmi palpebrali
Quando si decide di eliminare uno xantelasma palpebrale il consiglio è quello di rivolgersi a un chirurgo oculoplastico , medico oculista iperspecializzato nella regione palpebrale, il cui compito sarà quello di individuare la tecnica di rimozione migliore.
L’intervento per la rimozione di uno xantelasma può avvenire in diversi modi. In base alla presentazione clinica del paziente, l’oculoplastico potrà consigliare una asportazione chirurgica estetica, l’utilizzo di peeling chimici o, ancora, un intervento con un laser ablativo (Co2 pulsato) o Q-switched indicato soprattutto per quelle lesioni molto grandi e difficilmente affrontabili mediante intervento chirurgico.
La chirurgia è l’unico metodo di rimozione degli xantelasmi attualmente disponibile che permette di eliminarne le radici anche al di sotto della cute, andando molto più in profondità. Questo permette di ridurre notevolmente il rischio di recidiva o di ripresentazione del problema a distanza di mesi o anni.
Nello specifico, quando si propende per l’escissione chirurgica normalmente viene proposto un intervento di blefaroplastica superiore con contestuale rimodellamento palpebrale. In questo caso non si devono temere cicatrici visibili. Il risultato, al contrario, sarà sempre naturale e decisamente armonioso.
Nel caso in cui, invece, si desideri propendere per una tecnica laser il consiglio cadrà sul CO2 pulsato. Lo xantelasma verrà vaporizzato tramite un’ablazione molto precisa e accurata degli strati cutanei e, al contempo, la zona circostante verrà fotocoagulata. Bisogna tenere presente che, a differenza della rimozione chirurgica, la rimozione laser potrebbe far residuare una discromia biancastra della zona trattata.
I peeling chimici, invece, andranno a sfruttare delle sostanze come l’acido tricloroacetico, in grado di eliminare le lesioni benigne della cute tramite un processo di erosione controllata dei tessuti.
Qualsiasi sia l’intervento a cui ci si sottopone, il risultato sarà sempre naturale e non andrà a stravolgere lo sguardo del paziente che, invece, risulterà ringiovanito.
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La Redazione